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In un messaggio a monsignor Shirahama, vescovo di Hiroshima, per l’ottantesimo anniversario del lancio della bomba atomica sulle due città giapponesi, Leone XIV sottolinea che “la vera pace richiede il coraggio di deporre le armi”, specialmente “quelle che possiedono la capacità di provocare catastrofi indicibili”. Esorta pertanto a “forgiare un’etica globale radicata nella giustizia, nella fraternità e nel bene comune”.

“La persona dell’amore è la persona del coraggio”. Papa Leone XIV riprende le parole di uno degli hibakusha, i sopravvissuti ai bombardamenti atomici compiuti dagli Stati Uniti sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki, rispettivamente il 6 e il 9 agosto 1945, al termine della Seconda guerra mondiale. Le cita per sottolineare come “la vera pace” richieda l’audacia di “deporre le armi”, in particolare quelle nucleari, “che possiedono la capacità di provocare catastrofi indicibili”.

Costruire un mondo più sicuro

Il Pontefice scrive a monsignor Alexis Mitsuru Shirahama, vescovo di Hiroshima, in occasione dell’ottantesimo anniversario dei bombardamenti che causarono complessivamente decine di migliaia di vittime. Esprime “rispetto e affetto” per i superstiti, le cui storie di perdita e sofferenza rappresentano un “richiamo urgente” alla costruzione di “un mondo più sicuro” e alla promozione di un autentico “clima di pace”. Il messaggio è stato letto dal nunzio apostolico in Giappone, monsignor Francisco Escalante Molina, durante la Messa per la pace tenutasi proprio a Hiroshima.

Ottant’anni dopo, Hiroshima e Nagasaki restano ancora “moniti viventi” degli “orrori profondi” causati dall’arma atomica. “Le loro strade, scuole e abitazioni” – scrive il Papa – “portano ancora cicatrici, visibili e spirituali, di quel fatidico agosto del 1945”. “In questo contesto, desidero ribadire con forza le parole più volte pronunciate dal mio amato predecessore Papa Francesco: la guerra è sempre una sconfitta per l’umanità”.

Chiamati a custodire l’armonia

“La persona dell’amore è la persona del coraggio che non porta armi”, scriveva il dottor Takashi Nagai, medico e scrittore nipponico, superstite degli attacchi statunitensi. Il Pontefice lo cita per riaffermare che una pace autentica esige il rifiuto di ogni ordigno, soprattutto delle armi nucleari, che “offendono la nostra comune umanità e tradiscono la dignità della creazione, la cui armonia siamo chiamati a custodire”.

Citando ancora Francesco, Leone XIV definisce Hiroshima e Nagasaki “simboli della memoria” in un tempo segnato da “crescente tensione e conflitti globali”. Questi luoghi ci esortano a respingere “l’illusione” di una “sicurezza” fondata sulla minaccia della “distruzione reciproca assicurata”. “Dobbiamo invece forgiare un’etica globale radicata nella giustizia, nella fraternità e nel bene comune”.

Il Papa auspica che l’anniversario dei bombardamenti possa servire da appello alla comunità internazionale, affinché rinnovi il proprio impegno nella ricerca di una pace duratura e condivisa da tutta l’umanità. Quella stessa pace che il Pontefice aveva definito, nella sua prima Benedizione Apostolica Urbi et Orbi, come una “pace disarmata e disarmante”.