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Dopo l’elezione a 267° successore di Pietro, avvenuta l’8 maggio scorso con l’assunzione del nome di Leone XIV, l’americano Robert Francis Prevost ha invitato a “costruire ponti attraverso il dialogo, attraverso l’incontro, unendoci tutti per essere un unico popolo sempre in pace”.

Alla luce dei suoi percorsi di guida pastorale e spirituale lungo i 69 anni di vita – 22 dei quali come missionario e pastore in Perù – si intravede un pontificato segnato dal dialogo, dalla missione e dall’unità ad intra e ad extra della Chiesa, in continuità con le grandi preoccupazioni sociali ed ecclesiali di Francesco.

“Leone XIV darà continuità al progetto di Francesco di una Chiesa missionaria impegnata nelle periferie, ma lo farà con un’impronta propria”, ha detto il cardinale brasiliano Leonardo Steiner, arcivescovo di Manaus, sottolineando che ‘sarà un grande costruttore di ponti’, che è ciò che significa ‘sommo pontefice’. “C’è un treno in movimento e Leone XIV sta salendo per contribuire a questo viaggio con una sfumatura personale”, ha osservato il cardinale spagnolo Juan José Omella, arcivescovo di Barcellona.

La vicinanza e la comunione con le opzioni programmatiche di Jorge Mario Bergoglio – con il quale era solito incontrarsi settimanalmente – è testimoniata dal discorso tenuto al Collegio cardinalizio la mattina del 10 maggio, quando ha espresso la volontà di mantenere gli impegni del suo predecessore, così come esposti nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium: “il ritorno al primato di Cristo nell’annuncio; la conversione missionaria di tutta la comunità cristiana; la crescita della collegialità e della sinodalità; l’attenzione al sensus fidei, soprattutto nelle sue forme più proprie e inclusive, come la pietà popolare; la cura amorevole per i deboli e gli scartati; il dialogo coraggioso e fiducioso con il mondo contemporaneo nelle sue diverse componenti e realtà”.

Dialogo sociale per la pace

In questo senso, il teologo argentino Emilce Cuda, segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina, che Prevost ha presieduto negli ultimi due anni, ha affermato che se “Francesco ha riposizionato la Chiesa nelle periferie, Leone XIV la riposizionerà al centro del potere mondiale per realizzare il dialogo sociale come unica garanzia di vera pace”.

Questo desiderio è stato espresso dallo stesso pontefice nel suo primo saluto il giorno della sua elezione, indicando la volontà di camminare “come una Chiesa unita, sempre alla ricerca della pace e della giustizia, sempre alla ricerca di lavorare come uomini e donne fedeli a Gesù Cristo, senza paura, per annunciare il Vangelo, per essere missionari”.

Inoltre, nel suo discorso del 12 maggio ai rappresentanti dei media, ha invitato a “comunicare per la pace”, perché “una comunicazione disarmata e disarmante ci permette di condividere una visione diversa del mondo e di agire in modo coerente con la nostra dignità umana”.

Una prospettiva globale

L’esperienza acquisita in oltre un decennio come Priore Generale dell’Ordine di Sant’Agostino e membro dell’Unione dei Superiori Generali (USG), nel trattare questioni globali senza perdere la sensibilità per le realtà locali, gli conferisce una particolare saggezza e acutezza nell’affrontare i drammi che gravano sui credenti, così come sulle società contemporanee, segnate da guerre, ingiustizie e disuguaglianze.

Il segretario generale del Consiglio Episcopale L

atinoamericano (Celam), mons. Lizardo Estrada, agostiniano e vescovo ausiliare di Cusco (Perù), che lo conosce da quasi tre decenni ed è stato discepolo di Prevost in seminario, ha osservato: “è una persona semplice, vicina, gentile e prudente, che ha il dono dell’ascolto; è tranquillo, calmo e trasmette pace, anche se sa anche richiamare l’attenzione quando è necessario e la esprime con chiarezza e carità”.

Gli anni trascorsi come missionario e pastore in Perù non solo gli sono valsi la cittadinanza peruviana nel 2015, ma, secondo mons. Lizardo, “Papa Leone XIV conosce i nostri flagelli e le nostre necessità: le migrazioni, la corruzione, il traffico di esseri umani, la realtà della foresta pluviale e, in generale, conosce i problemi dell’America Latina, dove ha mostrato come i politici abbiano dimenticato le periferie, l’Amazzonia, la regione andina, le popolazioni indigene, i contadini e gli afro-discendenti, tra gli altri”.

Il giornalista Bruno Desidera dell’agenzia di stampa italiana SIR ha un pensiero simile, riconoscendo che “il nuovo Papa è anche ‘un pastore con l’odore delle pecore’, e le sue pecore erano la gente fedele e semplice di Chiclayo in Perù”. In tutta certezza, prosegue Desidera, “darà priorità alla comunione e all’unità della Chiesa, sarà un riformatore senza eccessi, pronto ad affrontare molte questioni aperte durante il pontificato di Francesco”.

Infatti, tra le ragioni che lo hanno portato a prendere il nome di Leone XIV, Prevost ha precisato che è “principalmente perché Papa Leone XIII nella sua storica Enciclica Rerum Novarum ha affrontato la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale. Ai nostri giorni, la Chiesa offre a tutti il tesoro del suo insegnamento sociale in risposta a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi nel campo dell’intelligenza artificiale che pongono nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro”. È chiaro che il nuovo Papa è interessato alle periferie emergenti.

L’unità come priorità

D’altra parte, il nuovo Vescovo di Roma ha sottolineato che “il Papa, da San Pietro fino a me, suo indegno successore, è un umile servitore di Dio e dei fratelli, e nulla più di questo”. E colpisce il suo desiderio di ascoltare i consigli, i suggerimenti e le proposte concrete dei cardinali, che considera “suoi stretti collaboratori”.

Costruire l’unità fa parte del carisma degli agostiniani – e farà bene leggere Sant’Agostino per comprendere la spiritualità e la visione di Leone XIV – “l’unità della Chiesa non significa uniformità, ma una salda e profonda comunione nella diversità, purché mantenuta nella piena fedeltà al Vangelo”, ha detto il cardinale Giovanni Battista Re all’Eucaristia Pro eligendo Romano Pontifice con cui è iniziato il conclave.

Per Prevost, “la polarizzazione è una vera sfida, come lui stesso ha affermato in un’intervista rilasciata a Vatican News a fine ottobre 2024, esprimendo il desiderio di ‘invitare tutti al tavolo, a un tavolo di dialogo’, perché ‘possiamo dare quella testimonianza di promozione della pace, del dialogo, in mezzo a un mondo in conflitto e polarizzato’ che ha bisogno di aprirsi alla possibilità di ascoltare l’altro.

La sua origine nordamericana, la sua esperienza missionaria in America Latina e il suo background globale lo indirizzano come un Papa che saprà influenzare con saggezza il dialogo sociale, la pace, l’unità e la costruzione di ponti per superare i divari o, forse, i muri dell’indifferenza e dell’esclusione, assumendo pienamente la missione pastorale della Chiesa nel mondo di oggi.

Il loro motto episcopale, “In Illo uno unum”, si ispira alle parole di Sant’Agostino: “anche se noi cristiani siamo molti, nell’unico Cristo siamo uno”.

Foto: Vatican News